La Pratica

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Per me la pratica rappresenta l’opportunità di compiere ogni volta una sorta di “ricognizione” di me stessa, a tutti i livelli. Un’oblazione, per onorare e rendere omaggio al mio corpo, al mio respiro, alla mia mente ed al mio spirito.

IL PROCESSO

Nello yoga pratichiamo asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana, contemplazioni, meditazioni ecc. Tutte pratiche che ci consentono di investigare il nostro stato di coscienza. Con il tempo, e grazie alla regolarità nella pratica, possiamo imparare ad affinare la sensibilità della nostra percezione, e ad osservare “ciò che è” grazie ai riscontri che ci giungono da quel meraviglioso strumento che è il nostro corpo.

 

Con l’esperienza e, ancora, con il tempo, potremo apprezzare il valore di questa esplorazione attraverso il livello di tolleranza, di pazienza, di rispetto, ed alla fine di dignità che riceviamo dal dono della nostra pratica, unita agli altri insegnamenti o trasmissioni che avremo avuto la benedizione di ricevere. È questo il nostro processo.

L’ALLINEAMENTO

Through the gradual and pragmatic understanding of the alignment techniques -which are not merely the alignment of our our bodily structures, including all the body’s sheaths – but most importantly, we include alignment with the natural order, the balance and flow of life, with heaven’s kingdom, or if you prefer, the field of Awareness; undifferentiated Consciousness. Thus no need to idolize or place on pedestals outer gurus, spiritual teachers and leaders. We probably all do this at some point in our lives but is it not our common ultimate truth and understanding that we are born whole, complete and free? And in owning this utter understanding of our inherent freedom, is this realisation not inspirational?

LA COMPRENSIONE

Stiamo davvero in grado di comprendere la nostra relazione e la nostra connessione con il tappetino, con gli altri e, soprattutto, con noi stessi? Siamo davvero in grado di traslare questa comprensione dal tappetino alla vita? La libertà dunque va di pari passo con il nostro incarnare nel quotidiano umiltà e responsabilità, in maniera integrata. “Sia fatta la Tua volontà”. Serviamo la volontà di chi? L’imposizione di leggi esterne diventa inutile quando vi sono connessione ed allineamento: i precetti vengono rispettati spontaneamente, richieste incessanti della mente non hanno più importanza a, non vi è alcuno spazio per la competizione, per i paragoni, non vi è più spazio per l’orgoglio nel aver conseguito un asana. (Ci saranno sempre degli asana che non riusciamo a conseguire, no?) Sorge dunque una domanda profonda, ironica ed umoristica: “Ma CHI se ne importa?”

Thus the profound, ironic and humorous question arises, ‘WHO cares?’

L’UMILTÀ

C’è la pura e semplice accettazione di “ciò che è”, nell’istante continuamente mutevole.

Il fondamento dell’umiltà sta nell’essere disponibili a ricevere, e quanto. A ricevere si impara, si impara a ricevere ciò che è. E di questo ricevere noi non siamo che testimoni silenziosi. Tutto ciò potrebbe apparire molto semplice, ma non è così. L’umiltà così totale, la comprensione del tutto assimilata conferiscono responsabilità. Responsabilità a tonnellate! Di nuovo: “Sia fatta la Tua volontà” non “la mia”. Ciò che ci offre la responsabilità, poi, è la saggezza. Ricevere nell’umiltà, senza voler afferrare a tutti i costi, e senza desiderare “altrimenti”. Vivere nei cieli maestosi e meravigliosi, rimanendo allo stesso tempo ben radicati alla terra. Tenere, reggere questo spazio. Quale umiltà, quale grazia❣️

Che cosa ci porterà oggi la pratica, cosa porterà nella nostra vita in continuo cambiamento?

Il cuore mi dice che non siamo altro che canali del cuore, in questa vita in perenne mutamento. Siamo in grado di allinearvici? Sappiamo rispettare la vita, il nostro posto in essa e quello degli altri così da fluire nella vita, così da fluire nella pratica sul tappetino e fuori dal tappetino, con dignità e rispetto? Possiamo realizzare questo allineamento dell’anima? La dignità che merita ogni essere vivente, ogni creatura.

Questo è il “lila”, il gioco della vita, la nostra sfida più grande.

 

– June Whittaker

June Whittaker

YOGI

Sono ormai 40 anni che pratico e insegno lo Iyengar Yoga.

La percezione mi dice che l’insegnante di yoga rappresenta molte cose diverse per molte persone diverse. Io stessa potrei farne una descrizione in una miriade di modi diversi. Ne scelgo una. L’amore.

Nell’ambito di una lezione, o di un seminario, io faccio la parte dell’insegnante e tu fai la parte dello studente. All’interno di questo gioco di ruoli, e in questa luce, vediamo come il fatto che sia io a sedere davanti a te e non il contrario è puramente legato alle circostanze.

Imparo dalle nostre interazioni, così come fai tu, quindi l’insegnamento è senza dubbio reciproco, è uno scambio. Ricorda sempre che né io né nessun altro possiamo davvero insegnarti qualcosa, il nostro miglior insegnante siamo noi stessi. Ciò che posso offrire è la mia esperienza, dei suggerimenti, una guida, che ti accompagnino nel tuo viaggio.

Perché questo è la pratica dello yoga: un viaggio, un’investigazione infinita e senza un percorso predefinito, attraverso celebrazioni rituali dei nostri incredibili strumenti corporei, che sono sacri. Nel nome dell’amore.

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